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Materiali che generano elettricità a partire dal calore.

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I materiali termoelettrici rivestono un’importanza notevole nella generazione di energia, sia attraverso fonti di calore rinnovabili, come l’energia solare e quella geotermica, sia nel miglioramento dell’efficienza energetica. Essi sono capaci di sfruttare il calore di scarto, proveniente da motori di automobili o centrali nucleari, rappresentando così una potenziale soluzione per l’energia sostenibile.

Funzionamento dei materiali termoelettrici

Questi materiali possono convertirsi in elettricità sfruttando l’effetto Seebeck, scoperto nel 1821 da Thomas Johann Seebeck. Questo fenomeno permette la trasformazione dell’energia termica in elettricità, mentre l’effetto Peltier, identificato nel 1834 da Jean Peltier, consente la conversione inversa. È da notare che, a differenza dei materiali piroelettrici che necessitano di variazioni di temporali, i termoelettrici richiedono un gradiente di temperatura. Tra i loro numerosi vantaggi si possono annoverare la sicurezza, l’efficienza energetica e il contributo alla salvaguardia ambientale, facendoli così emergere come generatori potenti di energia alternativa.

Cifre di merito e classificazioni

Un aspetto fondamentale riguardante i materiali termoelettrici è la cifra di merito, conosciuta anche come coefficiente di merito, che esprime l’efficienza di un dispositivo nel convertire calore in elettricità. L’indice ZT mostra che un valore più elevato indica una migliore performance. Questa grandezza adimensionale è definita come:
ZT = S²σT/κ,
dove S rappresenta il coefficiente di Seebeck, σ la conduttività elettrica, T la temperatura assoluta e κ la conduttività termica.

La classificazione dei materiali termoelettrici si basa sugli intervalli di temperatura operativa, differenziando tra materiali per basse temperature (ZT fino a 1), temperature medie (400–700 K, ZT fino a 1.3) e alte temperature (700–1000 K). Inoltre, esistono varianti in base alla composizione, che comprendono intermetallici, skutteruditi, clatrati, materiali hH, ossidi, calcogenuri delle terre rare, fasi di Zintl, pnicogeni e nitruri.

Intermetallici e clatrati

Gli intermetallici, caratterizzati da una disposizione atomica unica, fondono le proprietà dei metalli e delle ceramiche. A differenza delle leghe, questi composti hanno una stechiometria e una struttura cristallina precise. I materiali skutteruditi, come il Co4Sb12, presentano eccezionali proprietà elettriche e basse conduttività termiche, rendendoli promettenti per applicazioni termoelettriche.

D’altra parte, i clatrati sono composti di inclusione con una rete 3D aperta. La loro formazione risale al diciannovesimo secolo. Utilizzando legami tetraedrici covalenti, questi materiali possono intrappolare atomi metallici in cavità cristalline. Alcuni clatrati inorganici si sono dimostrati materiali termoelettrici altamente efficienti e in grado di funzionare ad alte temperature.

Fasi di Zintl e pnicogeni

Le fasi di Zintl, studiate a partire dagli anni ’30, comprendono composti intermetallici formati da metalli elettropositivi e metalli meno reattivi. Alcuni esempi, come YbZn0.4Cd1.6Sb2, mostrano prestazioni termoelettriche promettenti. Allo stesso modo, i materiali pnicogeni, come il solfuro di sodio e antimonio, hanno suscitato notevole interesse per le loro applicazioni nei dispositivi fotovoltaici e nelle tecnologie termoelettriche, grazie alle loro elevate capacità elettriche.

I nitruri, infine, rappresentano una categoria di materiali termoelettrici molto promettente. Caratterizzati da bassa tossicità e costo contenuto, i nitruri potrebbero sostituire altri materiali più tossici comunemente utilizzati, rivelandosi così una valida alternativa per sviluppare energetiche più sostenibili.

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Scoperta di vomito fossile di 66 milioni di anni fa sulle scogliere della Danimarca

Scoperto in raro fossile di : risalente a 66 di anni fa, contiene resti di gigli di mare e rivela dettagli abitudini alimentari di antichi predatori marini del Cretaceo.

©OESM

Un eccezionale ritrovamento è avvenuto sulla scogliera di Stevns, in Danimarca, dove è stato scoperto un antichissimo grumo di vomito risalente a 66 milioni di anni fa. Questo fossile, raro e prezioso per la paleontologia, fornisce informazioni dettagliate sulle abitudini alimentari di alcuni predatori marini dell’epoca.

All’interno della massa fossilizzata sono stati identificati resti di gigli di mare, organismi marini affini a stelle e ricci di mare. Gli esperti suggeriscono che tali frammenti potrebbero essere stati espulsi da uno squalo o da un altro grande predatore marino vissuto alla fine del Cretaceo, come spiegato da Jesper Milàn, curatore del Museo geologico di Faxe.

Un archivio naturale di fossili riconosciuto dall’Unesco

La scogliera di Stevns, che si affaccia sul mar Baltico, è caratterizzata da rocce calcaree formatesi nel corso di milioni di anni tramite l’accumulo di sedimenti marini. Questo sito rappresenta un’ riserva di fossili, custodendo i resti di creature vissute in ere passate. L’Unesco ha riconosciuto il suo valore scientifico, dichiarandolo patrimonio dell’umanità.

La scoperta è attribuibile a Peter Bennicke, un appassionato di paleontologia che stava esplorando la scogliera alla ricerca di fossili. Il fossile di vomito sarà conservato in Danimarca e offre spunti unici per comprendere le catene alimentari preistoriche, svelando particolari inediti sui predatori marini del Cretaceo.

Il più antico vomito fossilizzato? Un esemplare di 150 milioni di anni fa scoperto negli USA

Nonostante l’interesse suscitato dalla scoperta danese, essa non rappresenta il più antico vomito fossilizzato mai rinvenuto. Nel 2018, nel Utah, USA, è stato scoperto un esemplare di rigurgito risalente a 150 milioni di anni fa, contenente piccole ossa di anfibi, probabilmente ingeriti da pesci preistorici.

Il ritrovamento di Stevns ha richiamato l’attenzione dei media internazionali. Jesper Milàn ha commentato con ironia riguardo all’interesse suscitato dall’argomento, affermando che “i giornalisti sono dei bambinoni, amano le storie sul vomito.”

Fonte: OESM

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La vera storia di Dina Sanichar, il bambino allevato dai lupi che potrebbe aver ispirato Mowgli

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Sanichar è uno dei casi più emblematici di feral children, ovvero bambini cresciuti lontani dal contatto umano e accuditi da animali in ambienti selvatici. Fu trovato da un gruppo di cacciatori nella regione indiana di Bulandshahr nel 1867 quando aveva circa sei anni; viveva con un branco di , nutrendosi di carne cruda e imparando a comportarsi come loro. Anche dopo vent’anni trascorsi in un orfanotrofio, continuò a mostrare comportamenti animaleschi, nonostante gli sforzi per educarlo alle abitudini umane. Questo fenomeno è frequentemente associato alla plasticità del cervello umano nelle prime fasi dello , che consente agli individui di adattarsi all’ambiente circostante.

Il ritrovamento di Dina Sanichar

Nel 1867, un gruppo di cacciatori nel distretto di Bulandshahr, nell’India settentrionale, notò un bambino completamente nudo che correva nella giungla, inseguito da un branco di lupi. Inizialmente preoccupati per la sua incolumità, ritenevano che il bambino fosse in pericolo. Quando il piccolo si rifugiò in una grotta, i cacciatori illuminarono l’area e, una volta messi in fuga i lupi, riuscirono a portarlo in salvo. Tuttavia, all’uscita, il bambino si presentava in condizioni sorprendenti: i suoi canini erano affilati, le mani somigliavano a artigli e mostrava difficoltà nel camminare in posizione eretta. Non parlava, ma emetteva ululati, dando l’impressione di essere più un animale che un umano.

Dina non riuscì mai ad adattarsi alle regole della civiltà umana

Dopo il ritrovamento, il bambino venne trasferito nell’orfanotrofio della missione Sikandra ad Agra, dove gli fu dato il nome di Sanichar, in riferimento al giorno del suo recupero. La sua vita nell’orfanotrofio si rivelò subito complessa. Dina aveva difficoltà a camminare su due gambe e rifiutava di indossare vestiti, rimanendo legato alle sue abitudini animalesche, nutrendosi esclusivamente di carne cruda. Nonostante gli sforzi, non riuscì mai ad adattarsi completamente alle norme sociali e comunicative. L’unico legame che sviluppò con un altro bambino fu con un compagno che aveva un passato simile. Dina morì di tubercolosi nel 1895, all’età di circa 35 anni.

Le modalità di sviluppo del cervello nei feral children

Il fenomeno dei feral children può essere compreso attraverso lo studio delle dinamiche dello sviluppo cerebrale umano. Durante lo sviluppo embrionale, si una rete neurale di base, mentre l’esperienza modifica e affina questi circuiti. Per certe abilità, come il linguaggio e il comportamento sociale, esistono periodi critici, fasi in cui il cervello è particolarmente plastico e pronto a ricevere stimoli. Se queste fasi vengono trascurate, lo sviluppo di alcune capacità può essere compromesso in modo irreversibile.

Nel caso di Dina, la mancanza di stimoli adeguati durante l’infanzia ha limitato la sua capacità di apprendere il linguaggio e le convenzioni sociali, mentre aveva acquisito abilità comunicative primitive imitando i lupi. Il processo per adattarsi al comportamento umano si rivelò difficoltoso, evidenziando le sfide che molti feral children affrontano nell’integrare nuove esperienze e competenze di fronte a un cervello meno plastico in età adulta.

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Cosa rivelano i nuovi studi di ingegneria sismica

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I terremoti causati dal bradisismo nei Campi Flegrei hanno suscitato preoccupazione tra la popolazione e a livello pubblico e amministrativo. In questo contesto, un’intensa attività di monitoraggio ha fornito un importante insieme di informazioni tecniche, utili per identificare fenomeni eruttivi, sebbene finora non vi siano evidenze condivise dalla comunità scientifica. Tuttavia, la recente stabilità nell’attività sismica ha portato a un attenuarsi dell’attenzione criticità esistenti, nonostante le vulnerabilità strutturali degli edifici nel territorio. In questo scenario, l’interesse delle amministrazioni locali ha portato a sviluppare studi scientifici che quantificano il rischio sismico e identificano gli effetti di future attività bradisismiche. Sarà utile analizzare come intervenire per ridurre il rischio sismico nella zona.

Immagine Mappa dei terremoti nel Campi Flegrei durante gli eventi sismici del periodo 2022–2024. Fonte: Iervolino et al. 2024

La situazione bradisismica nei Campi Flegrei a oggi, numeri alla mano

L’attività sismica nei Campi Flegrei costituisce uno degli aspetti della crisi bradisismica, caratterizzata da periodi di sollevamento del suolo e terremoti di lieve intensità. Questi movimenti possono essere correlati alla pressione generata da magma e gas in profondità, che causano il sollevamento del suolo e scosse sismiche. Negli ultimi periodi, l’attuale crisi bradisismica ha evidenziato un aumento dei movimenti di sollevamento, con velocità di circa 2 cm al mese nel 2024 e circa 9000 terremoti registrati, molti dei quali concentrati nel 2022, con picchi di 1000 eventi al mese. Le immagini fornite rappresentano una panoramica della frequenza e dell’intensità degli eventi sismici recenti.

Immagine temporale della recente sequenza sismica e relativa intensità in termini di Magnitudo. Fonte: Iervolino et al. 2024

Studi interdisciplinari recenti hanno quantificato le caratteristiche sismiche dell’attività bradisismica utilizzando metodologie avanzate e un database aggiornato. Questi studi, pubblicati su riviste scientifiche internazionali, sono significativi per l’innovativa quantificazione del rischio, considerando gli eventi registrati in una delle aree più monitorate a livello mondiale.

I numeri afferenti al costruito esistente dei Campi Flegrei

recenti indicano che nell’area, abitano circa 85.000 persone e si trovano circa 15.000 edifici soggetti a significativi movimenti bradisismici. È importante considerare che i Campi Flegrei si trovano nelle vicinanze di Napoli, la terza città italiana per popolazione. Il patrimonio edilizio di Pozzuoli, il centro più grande della zona, presenta quasi il 90% di edifici in muratura e calcestruzzo armato, mentre meno del 10% è stato costruito dopo gli anni 2000. Questa situazione solleva preoccupazioni in merito alla sicurezza strutturale rispetto agli attuali standard antisismici, adottati solo negli ultimi decenni. Pertanto, è fondamentale quantificare il rischio sismico indiretto nell’area e valutare i potenziali benefici di strategie di mitigazione.

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I risultati degli studi scientifici sui Campi Flegrei

Utilizzando analisi all’avanguardia, gli studi recenti esaminano i potenziali effetti delle scosse legate all’attività bradisismica, riportando valori di Magnitudo Momento associati a eventi sismici nella caldera, con una stima che oscilla tra 4.4 e 5.1, benché il valore massimo sia considerato improbabile. È stato anche valutato che le magnitudo previste generalmente non comporterebbero sollecitazioni problematiche per le opere rispettanti le normative attuali. Questo suggerisce una bassa probabilità di superamento dei valori progettuali delle azioni sismiche per le nuove costruzioni in caso di eventi provenienti dalla caldera.

Inoltre, poiché vi è la possibilità che i terremoti si manifestino al di fuori della caldera in caso di eventi più forti, le probabilità di riscontrare magnitudo superiori a 5 sono state calcolate con tecniche probabilistiche avanzate. I risultati indicano che tali probabilità variano nel e sono correlate all’attività sismica a breve termine.

La proiezione sulle costruzioni esistenti

Sebbene la previsione che i terremoti all’interno della caldera non dovrebbero compromettere le strutture conformi alle attuali normative sia rassicurante, risulta evidente che tale analisi non rispecchia la realtà del patrimonio edilizio esistente. La maggior parte degli edifici è progettata secondo criteri sismici obsoleti, risultando quindi meno sicuri rispetto agli standard moderni. Le proiezioni indicano che le Magnitudo Momento stimate potrebbero provocare danni, specialmente nelle aree epicentrali. La ricerca mostra che interventi di adeguamento agli standard normativi attuali ridurrebbero il rischio di mortalità per gli edifici in cemento armato oltre il 70%.

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Qwen2.5-Max: funzionamento e limiti

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Interfaccia di Qwen2.5–Max. Credit: Alibaba.

Il gigante del commercio Alibaba ha annunciato nelle scorse ore il rilascio di Qwen2.5-Max, il suo nuovo LLM (Large Language Model) completamente open-source, che superare DeepSink R-1, il recente modello di intelligenza artificiale che ha scosso il mercato. La presentazione di Qwen2.5-Max avviene in un momento strategico, coincidente con il Capodanno cinese e seguito rapidamente dall’annuncio di DeepSeek-R1, suggerendo una risposta diretta a quest’ultimo. Alibaba ha dichiarato che, secondo alcuni benchmark, Qwen2.5-Max supera DeepSeek-V3, la versione precedente di R-1, e anche Llama 3.1-405B, il modello open-source di Meta. Se queste affermazioni venissero confermate, Alibaba si posizionerebbe in modo dominante nel campo dell’AI generativa open-source.

Cos’è e come funziona il modello AI di Alibaba Qwen2.5-Max

Dal punto di vista tecnologico, Qwen2.5-Max si distingue per la sua multimodalità, ovvero la capacità di comprendere testo e immagini e di generare contenuti video, caratteristiche che lo avvicinano ai modelli occidentali più avanzati, come GPT-4 di OpenAI e Claude 3.5 Sonnet di Anthropic. Alibaba ha spiegato il processo di training del nuovo modello, affermando che si tratta di un modello MoE su larga scala, pre-addestrato su oltre 20 trilioni di token, e ulteriormente ottimizzato mediante metodologie curate di Supervised Fine-Tuning (SFT) e Reinforcement Learning from Human Feedback (RLHF). I risultati conseguiti da Qwen2.5-Max includono prestazioni eccezionali in vari benchmark, come Arena-Hard, LiveBench e LiveCodeBench. Alibaba riporta che il modello ha ottenuto risultati competitivi anche nel test di MMLU-Pro, che verifica la conoscenza attraverso problemi di livello universitario.

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Benchmark che mettono a confronto Qwen2.5–Max con altri modelli competitor. Credit: Alibaba.

Nel seguente video potete vedere Qwen2.5-Max all’opera.

Dubbi e su Qwen2.5-Max

Tuttavia, emergono anche preoccupazioni riguardanti la sicurezza e la gestione dei dati. Come per DeepSeek, Qwen2.5-Max conserva le informazioni degli utenti su server cinesi, il che solleva la possibilità di accessi da parte del Governo cinese. Questa situazione ha già portato il Garante della privacy italiano ad avviare un’indagine, comportando la rimozione dell’app di DeepSeek dagli store italiani. È probabile che misure simili possano essere applicate ad altri modelli AI provenienti dalla . Inoltre, nonostante la sua natura open-source, l’uso di Qwen2.5-Max richiede la registrazione di un account Alibaba Cloud e l’attivazione di specifici servizi, un processo che potrebbe risultare poco intuitivo per gli utenti meno esperti.

Qwen 2.5-Max, DeepSeek e le altre intelligenze artificiali: cosa sta succedendo

L’annuncio di Alibaba si colloca in un contesto di crescente competizione tra le aziende cinesi nel mercato dell’AI. Il recente successo di DeepSeek, con il rilascio del modello DeepSeek-R1 il 20 gennaio scorso, ha provocato destabilizzazione nel mercato, contribuendo al calo delle azioni di alcune aziende tecnologiche occidentali. DeepSeek ha dimostrato la possibilità di sviluppare modelli di alta qualità a costi operativi inferiori rispetto a quelli delle società statunitensi, ponendo interrogativi sugli ingenti investimenti delle aziende come OpenAI, Google e Anthropic.

Questa dinamica ha indotto una reazione immediata da parte di altre aziende in Cina, come ByteDance, che ha aggiornato il suo modello AI, affermando di superare OpenAI o1 in test specifici. Nel contesto della competizione open-source, è rilevante notare che Qwen2.5 (la versione precedente a Qwen 2.5-Max) ha raggiunto 94 milioni di download su Hugging Face, metà dei quali solo nell’ultimo mese, stabilendosi come il modello AI open-source più scaricato al mondo. Questi dati segnalano un’importante evoluzione del mercato dell’intelligenza artificiale verso più accessibili e personalizzabili, in opposizione ai modelli “chiusi” di aziende come OpenAI.

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Ricostruzione del disastro aereo a Washington e possibili cause dell’incidente

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La notte scorsa a Washington, un avvenuto tra un aereo di linea e un militare Black Hawk ha portato entrambi i mezzi a schiantarsi nelle acque del fiume Potomac, in Virginia. Le autorità hanno dichiarato che, al momento, non risulta che nessuna delle 67 persone a bordo sia sopravvissuta. Le cause dell’incidente sono ancora oggetto di indagine, ma sono emerse delle considerazioni sulle procedure di traffico aereo negli Stati Uniti.

Cosa sappiamo dell’incidente aereo a Washington

L’incidente si è verificato vicino all’aeroporto nazionale di Washington-Ronald Reagan, uno dei principali aeroporti della Virginia, situato a circa 8 km capitale. Il fatto è avvenuto alle 20:48 ore locali (2:48 in Italia). Il velivolo coinvolto è un Bombardier CRJ-701(ER) della Canadair, un aereo di linea operato dalla PSA Airlines, proveniente da Wichita, Kansas. A bordo si trovavano 60 passeggeri, tra cui diversi atleti di pattinaggio di figura, e 4 membri dell’equipaggio. L’aereo, al momento dell’incidente, si trovava a circa 91 metri di altezza e stava effettuando un avvicinamento alla pista 33 dell’aeroporto.

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Il secondo mezzo coinvolto è un elicottero militare H60 della Sikorsky Aircraft Corporation, noto come Black Hawk. Secondo fonti confermate, l’elicottero era in volo per un addestramento, con tre militari a bordo. I due mezzi hanno subito un impatto violento: l’aereo viaggiava a 200 km/h, mentre l’elicottero a circa 130 km/h, e sono poi precipitati nel fiume. L’elicottero è trovato ribaltato, mentre l’aereo si sarebbe spezzato in due tronconi. Le autorità hanno indicato che non vi sarebbero sopravvissuti, ma le indagini sono in corso.

L’aeroporto è stato chiuso dalla Federal Aviation Administration, con dirottamenti dei voli verso l’Aeroporto Internazionale di Baltimora-Washington, situato a circa 57 km di distanza.

Le possibili cause dell’incidente aereo

Sebbene le cause dell’incidente non siano ancora chiare, è importante notare che le condizioni meteorologiche non sono state un fattore, con cieli sereni e buona visibilità al momento dell’incidente. La fase di avvicinamento all’aeroporto Ronald Reagan è complicata dalla sua posizione e dalle dimensioni delle sue piste, che sono relativamente corte. La pista 33 misura 1,74 km, per esempio, rispetto ai circa 4 km delle piste di altri aeroporti come Milano Malpensa.

L’impatto tra i velivoli è avvenuto in una zona di traffico d’aeroporto (ATZ), a 1,2 km di distanza dalla pista, dove i movimenti aerei devono essere coordinati e autorizzati. Questo rende l’incidente ancora più preoccupante, dato che è avvenuto in una zona congestionata, e ogni velivolo seguire le indicazioni del controllo del traffico aereo.

Perché c’era un elicottero vicino all’aeroporto?

In Italia, i volo militari sono disciplinati da regole rigide che delimitano le aree di addestramento, le quali vengono chiuse al traffico aereo civile durante queste attività. Negli Stati Uniti, i voli non di linea, inclusi quelli militari, beneficiano di maggior libertà, e la presenza di un elicottero militare in una zona ATZ non è insolita. Tuttavia, la collisione è avvenuta molto vicino alla pista, su una rotta designata per gli atterraggi, un’area che dovrebbe rimanere libera.

L’ATZ dell’aeroporto Reagan è di classe B, il che richiede autorizzazione per l’ingresso. Qui si possono effettuare sia voli IFR, come nel caso dell’aereo di linea, sia voli VFR, che operano a vista senza un piano di volo predeterminato. Non è chiaro, al momento, se l’elicottero stesse volando con modalità IFR o VFR.

Le registrazioni audio

Poco prima dell’incidente, è stata registrata un’interazione audio tra i controllori del traffico aereo e un elicottero, nominato PAT25. Circa 20 secondi prima dell’impatto, il controllore ha chiesto se l’elicottero avesse visto l’aereo, ordinando di passare dietro di esso. Tuttavia, non c’è stata risposta dall’elicottero prima della collisione, seguita da rumori all’interno della torre di controllo.

Le informazioni sono ancora parziali e le indagini in corso cercheranno di chiarire le circostanze dell’incidente, inclusi i motivi della presenza dell’elicottero in quella zona e la comunicazione tra il velivolo e la torre di controllo.

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Cosa sono e perché la scoperta è considerata importante

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Credit: NASA/Goddard/University of Arizona

Campioni prelevati dall’asteroide Bennu nel 2018 e riportati sulla Terra nel 2023 missione OSIRIS-REx della NASA contengono amminoacidi e basi azotate, i ‘mattoni della vita’ fondamentali per la costruzione di proteine, DNA e RNA. Tale affermazione è riportata in due articoli scientifici pubblicati su Nature e Nature Astronomy. Questa accentua l’ipotesi di una potenziale origine extraterrestre della materia organica alla base della vita sulla Terra.

Origine chimica della biologia terrestre

I risultati suggeriscono che le basi chimiche della biologia terrestre potrebbero avere avuto origine nell’universo primordiale, su asteroidi primitivi come Bennu, attraverso reazioni chimiche avvenute miliardi di anni fa. Tali materiali potrebbero quindi essere stati trasportati sulla Terra a seguito di impatti con il nostro pianeta.

La missione OSIRIS-REx, lanciata dalla NASA nel 2016, ha come obiettivo primario l’approfondimento della formazione del Sistema Solare e dell’origine della vita, attraverso l’ di materiale prelevato da Bennu, un asteroide vicino alla Terra, ma senza rischio di impatto nei prossimi 150 anni. Le probabilità di impatto nel secondo metà del prossimo secolo saranno ricalcolate dopo un passaggio ravvicinato di Bennu con la Terra nel 2135.

Molecole organiche su Bennu

La superficie di Bennu ha mostrato una notevole varietà di molecole organiche, tra cui 14 dei 20 amminoacidi che formano le proteine terrestri e tutte e cinque le basi azotate del DNA e RNA. La presenza di composti inorganici essenziali per la sintesi di tali molecole suggerisce che Bennu possedesse condizioni chimiche favorevoli alla loro formazione nei primordi del Sistema Solare.

Gli amminoacidi, fondamentali per la costruzione delle proteine che svolgono numerose funzioni cellulari, e le basi azotate, essenziali per l’informazione genetica, sono stati rinvenuti in forma racemica, escludendo l’ipotesi di contaminazione terrestre. Inoltre, sono state identificate tracce di composti inorganici ricchi di carbonio e azoto, indicativi della presenza di soluzioni acquose che avrebbero favorito la formazione di molecole organiche.

Implicazioni della scoperta

La scoperta di materiale organico su Bennu supporta l’idea che l’origine della materia organica alla base della vita risalire a eventi avvenuti nell’universo. Tali prove sono complicate da ottenere sulla Terra, a causa della distruzione di tracce organiche antiche dovuta a processi geologici. In contrapposizione, asteroidi come Bennu, formatisi insieme al Sistema Solare e rimasti relativamente incontaminati, offrono una prospettiva sulla composizione chimica primordiale.

Sebbene non siano stati trovati organismi sulla superficie di Bennu, la presenza di queste molecole organiche suggerisce che gli asteroidi potrebbero giocato un ruolo cruciale nel fornire l’ambiente ideale per la sintesi delle biomolecole. Una volta trasportate sulla Terra, potrebbero aver dato origine alle macromolecole necessarie per la vita. Non si può escludere nemmeno la possibilità che queste molecole organiche abbiano raggiunto altri pianeti, dove condizioni simili potrebbero aver favorito l’emergere di forme di vita.

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Janus-Pro, il tool cinese per generare immagini con l’AI, è stato lanciato da DeepSeek

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, startup recentemente emersa nel panorama dell’intelligenza artificiale, ha Janus-Pro, una nuova famiglia di modelli AI dedicati alla generazione di immagini. Secondo le informazioni rilasciate dall’azienda fondata da Liang Wenfeng, il modello più avanzato della serie promette prestazioni superiori rispetto a DALL-E 3 di OpenAI e ad altri strumenti simili, come PixArt-alpha, Emu3-Gen e Stable Diffusion XL.

Architettura Multimodale

Janus-Pro si distingue per la sua architettura multimodale, che gli consente di e analizzare immagini, conferendogli un livello di versatilità più elevato rispetto ai modelli concorrenti. Il modello è stato rilasciato con licenza MIT, permettendo l’uso libero per fini commerciali.

Caratteristiche Tecniche

Dal punto di vista tecnico, Janus-Pro è disponibile in diverse versioni, con parametri che variano da 1 a 7 miliardi. Questa variabilità nella complessità del modello influisce sulla qualità delle immagini generate: un numero maggiore di parametri generalmente comporta immagini più dettagliate. DeepSeek definisce Janus-Pro un “framework autoregressivo”, il che implica che il modello ha capacità sia di analisi che di generazione di immagini.

I test effettuati sui benchmark GenEval e DPG-Bench segnalano risultati significativi, mostrando che il modello Janus-Pro-7B, il più grande della famiglia, supera alcuni dei principali concorrenti come DALL-E 3. DeepSeek ha dichiarato che il disaccoppiamento della codifica visiva in percorsi separati contribuisce a risolvere i limiti delle architetture precedenti, incrementando anche la flessibilità del framework.

Disponibilità di Janus-Pro

Per chi fosse interessato a provare Janus-Pro, il modello 7B è disponibile sulla piattaforma di Hugging Face, accessibile a questo link. Inoltre, è possibile scaricarlo per utilizzo locale da questa pagina di GitHub.

Le caratteristiche innovative di Janus-Pro segnano un passo avanti nel campo della generazione di immagini tramite intelligenza artificiale, promettendo di espandere le possibilità creative a disposizione degli utenti.

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Cos’è e perché non deve preoccupare

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Credit: NASA/SDO.

Un gigantesco buco coronale è stato avvistato satelliti che monitorano il Sole martedì 28 gennaio. Questo fenomeno è localizzato nell’emisfero meridionale della corona solare e misura circa 800.000 km, che corrisponde a 63 volte il diametro della Terra. La formazione del buco ha dato origine a un intenso vento solare diretto verso il nostro pianeta, il quale, viaggiando a una velocità di 1,8 milioni di km/h, è atteso per venerdì 31 gennaio. Tuttavia, non ci sono motivi di allarmismo.

Che cos’è un buco coronale

I buchi coronali sono aree in cui il campo magnetico solare si altera, consentendo al vento solare di fuoriuscire nello spazio. Questi eventi portano a un rilascio di particelle molto veloci. In condizioni normali, il campo magnetico archi che intrappolano il plasma sulla superficie solare, ma in occasioni particolari questi archi possono aprirsi, permettendo la fuga di particelle corona solare.

Immagine Rappresentazione schematica di un buco coronale. Nelle regioni A, le linee di campo magnetico sono chiuse e trattenendo il plasma della corona. Nella regione B (buco coronale), le linee di campo si estendono nello spazio e il plasma può fuoriuscire lungo di esse. Credits: Sebman81, CC BY–SA 3.0, Wikimedia Commons.

I buchi coronali appaiono come zone più scure nelle ultraviolette, a causa della loro più bassa e minore densità rispetto alle aree circostanti. Questi fenomeni possono formarsi in qualsiasi momento sul Sole, ma sono più frequenti durante i periodi attorno al minimo solare.

Grande buco coronale sul Sole: possibili conseguenze e motivo di tranquillità

Secondo le previsioni dello Space Weather Prediction Center del NOAA, si attende per venerdì una condizione di tempesta geomagnetica di tipo G1, il livello più basso sulla scala che va da G1 a G5. Sebbene il valore sia contenuto, l’arrivo del flusso di particelle solari potrebbe provocare aurore, sia boreali che australi, a latitudini inferiori a quelle normalmente osservabili, ma non raggiungendo l’Italia.

Attualmente, il Sole si trova nel massimo del ciclo solare, ma non sono osservabili macchie solari sulla sua superficie, le quali avrebbero potuto aumentare il rischio di una tempesta geomagnetica estrema, simile a quella che ha generato aurore visibili in Italia nell’anno precedente.

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Uso e funzionamento dei dischetti gel

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Le pareti del WC rappresentano un ambiente che richiede particolare attenzione dal punto di vista igienico. Si tratta di un luogo in cui quotidianamente vengono svolte funzioni fisiologiche, generando scarti biologici che possono contenere batteri, virus, funghi e protozoi.

Un’analisi al microscopio delle superfici del WC rivelerebbe la presenza di molti microrganismi potenzialmente patogeni, sottolineando l’importanza della loro rimozione.

Microorganismi nel WC: l’importanza della pulizia

È fondamentale comprendere la natura dei microrganismi che possono accumularsi nel WC. Sulle sue superfici si depositano microrganismi derivanti da urina e feci, sostanze che contengono numerosi batteri, virus, funghi e protozoi. Quando questi microrganismi si accumulano, possono aderire alle pareti del WC e, ogni volta che viene tirato lo sciacquone, possono disperdersi nell’aria attraverso minuscole goccioline. Alcuni di questi batteri potrebbero essere patogeni, in grado di causare malattie. La rimozione di tali microrganismi è quindi cruciale. Oltre alla pulizia quotidiana, un supporto efficace è fornito prodotti a base di tensioattivi, come i in da applicare sulle pareti del WC.

Il ruolo dei tensioattivi nei dischetti del WC

I dischetti in gel da applicare sul WC rilasciano una dose di prodotto ad ogni scarico. La loro efficacia deriva presenza di tensioattivi, che grazie alla loro particolare struttura molecolare, riescono a danneggiare o intrappolare i batteri. I tensioattivi sono costituiti da una testa idrofila, che si lega all’acqua, e una coda idrofoba, che respinge l’acqua e si lega ai grassi. Quando si dissolvono in acqua, si organizzano in micelle, strutture sferiche che intrappolano i microrganismi o danneggiano la loro membrana esterna, contribuendo così alla loro rimozione.

Distribuzione uniforme grazie all’effetto Marangoni

Una questione pratica riguarda la distribuzione del prodotto: se il dischetto in gel è applicato solo su una parte della tazza del WC, come si distribuisce uniformemente? La risposta risiede in un fenomeno chimico-fisico noto come effetto Marangoni, che permette ai tensioattivi di diffondersi su tutta la superficie. Quando il dischetto rilascia i tensioattivi, si crea una differenza di tra le zone con maggiore e minore presenza di detergente. Questa variazione causa un movimento del liquido, che si sposta dalla zona con tensione superficiale più bassa a quella con tensione più alta, assicurando così una distribuzione omogenea del gel e garantendo una pulizia efficace dell’intera superficie del WC.

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La vendita di console per videogiochi in Russia potrebbe essere vietata dalla UE

Nuove sanzioni in arrivo per la dall’Unione Europea, tra cui la limitazione delle vendite di per videogiochi, poiché potrebbero essere usate per controllare droni.

La Commissione Europea ha avanzato una proposta per intensificare le sanzioni contro la Russia, introducendo misure che includono il divieto graduale di importazioni di alluminio primario russo e limitazioni vendite di console per videogiochi, joystick e simulatori di volo. Questo sedicesimo pacchetto di sanzioni, elaborato in risposta all’invasione dell’Ucraina, è stato presentato agli Stati membri lo scorso martedì. L’alluminio primario è una risorsa chiave per l’economia russa, generando entrate significative che contribuiscono a finanziare l’aggressione .

La proposta prevede un divieto graduale delle importazioni di alluminio primario e leghe russe, con un’esenzione temporanea di 275.000 tonnellate considerate “necessarie” durante un periodo di transizione di un anno. Secondo Trade Data Monitor, il blocco dei 27 membri ha importato quasi 330.000 tonnellate di alluminio russo da gennaio a novembre 2024 e oltre 500.000 tonnellate nel 2023.

Uso delle console per scopi militari

Un altro punto cruciale riguarda la limitazione delle vendite di console per videogiochi come Xbox, PlayStation e Nintendo Switch, insieme a joystick e simulatori di volo, poiché potrebbero essere utilizzati per controllare droni. Il capo della politica estera dell’UE ha sottolineato come la Russia sia “davvero creativa” nel riadattare attrezzature civili per scopi militari. Questi dispositivi potrebbero quindi rappresentare una minaccia se utilizzati nei conflitti armati.

Ulteriori restrizioni e misure

La proposta include ulteriori restrizioni sulle esportazioni di software legato all’esplorazione di petrolio e gas, nonché nuove regole per porti, chiuse e aeroporti russi utilizzati per il trasferimento di droni e missili o per eludere il tetto al prezzo del petrolio imposto dal G7. Circa 75 nuove navi, principalmente petroliere, potrebbero essere aggiunte alla lista delle 79 già sanzionate. Inoltre, il periodo di transizione per il divieto di esportazione di diamanti russi verso paesi terzi sarà esteso fino a settembre, quando un sistema di tracciamento basato su blockchain diventerà obbligatorio per garantire che le pietre non siano di origine russa.

Nonostante le pressioni di alcuni Stati membri, la Commissione ha deciso di non vietare il gas naturale liquefatto (GNL) russo, citando la difficoltà di trovare alternative sufficienti in tempi brevi. Questa decisione riflette le preoccupazioni legate alla sicurezza energetica del blocco, che continua a dipendere in parte dalle forniture russe.

Fonte: Reuters

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Incidente a Washington, un aereo di linea e un elicottero militare si sono scontrati, almeno 19 vittime: cosa sappiamo

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Un troncone dell’aereo CRJ–700 nel fiume Potomac dopo il disastro aereo di Washington.

Un grave incidente aereo si è verificato a Washington: alle 2:48 italiane di questa notte (20:48 locali), un aereo di CRJ-700 dell’American Airlines (volo AA5342), in arrivo da Wichita, Kansas, ha colliso in volo con un elicottero militare H60 Black Hawk, di base a Fort Belvoir, Virginia. L’elicottero stava effettuando un volo di addestramento nei pressi dell’aeroporto nazionale Reagan di Washington, a breve distanza dalla Casa Bianca. Il CRJ-700, che operava a un’altitudine di circa 100 metri e a una velocità prossima ai 200 km/h, trasportava 60 passeggeri e 4 membri dell’equipaggio. I passeggeri includevano due atleti di pattinaggio artistico. L’elicottero volava a circa 130 km/h con a bordo 3 militari.

Al momento, sono stati recuperati i corpi di 19 , mentre le operazioni di ricerca di eventuali superstiti continuano. Questa attività potrebbe richiedere diversi giorni. Le indagini cause dell’incidente sono in corso e al momento non emergono ipotesi certe. Tuttavia, l’FBI ha escluso la possibilità di un attacco terroristico. La Farnesina ha fornito contatti per assistenza tramite l’ambasciata italiana a Washington e l’Unità di Crisi.

incidente aereo washington Ultime posizioni, velocità e altitudini registrate prima dello scontro per l’aereo di linea (JIA5342) e per l’elicottero militare (PAT25). Credit: FlightRadar24

In seguito all’impatto, entrambi i velivoli sono caduti nel fiume Potomac, dando inizio immediato alle operazioni di recupero. Secondo il comandante dei Vigili del Fuoco del District of Columbia, non è ancora chiaro se ci siano sopravvissuti. Il jet CRJ-700 si è fratturato in almeno due tronconi, mentre l’elicottero è stato rinvenuto capovolto nel fiume. Lo schianto, avvenuto a bassa quota, ha generato un luminoso bagliore dalla torre di controllo e registrato da videocamere di sorveglianza presenti nell’area.

aereo washington Immagine con visione notturna dell’aereo CRJ–700 sul fiume Potomac.

Le registrazioni audio della torre di controllo indicano che il controllore aveva chiesto all’equipaggio dell’elicottero se avessero visto il CRJ-700, ordinando di posizionarsi dietro l’aereo di linea. Tuttavia, dopo pochi secondi senza risposta, si è verificato l’impatto. Al momento dell’incidente, le condizioni di visibilità erano buone, con circa 10 miglia statutarie (16 km) di visibilità e venti a circa 28 km/h, con raffiche fino a 46 km/h.

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