Formazione di una soluzione

La formazione della soluzione comporta la miscelazione di due o più sostanze che possono trovarsi nella stessa fase o in fasi diverse. Affinché si formi effettivamente una soluzione, le molecole di soluto devono formare legami intermolecolari con le molecole di solvente. Ma affinché ciò avvenga effettivamente, devono rompersi sia i legami intermolecolari tra le molecole di soluto che i legami intermolecolari tra le molecole di solvente.

I soluti possono essere non elettroliti come il saccarosio o dissociarsi in ioni che a loro volta si distribuiscono tra le molecole d’acqua come avviene per gli elettroliti.

La formazione di una soluzione è un esempio di processo spontaneo. Avviene senza bisogno di energia sebbene in alcuni casi sia necessario agitare la soluzione per favorire il mescolamento.

Formazione di una soluzione

I fattori che favoriscono la formazione spontanea di una soluzione sono:

  1.  diminuzione dell’energia interna del sistema
  2.  maggiore dispersione della materia nel sistema che implica un aumento dell’entropia del sistema

Se le forze di interazione intermolecolari tra soluto e solvente sono paragonabili a quelle fra soluto e solvente durante il processo di dissoluzione non si ha sviluppo o assorbimento di energia e si parla di soluzione ideale. Un esempio di soluzione ideale è costituito da elio e argon, da metanolo e etanolo o da pentano e esano.

Diversamente dalle soluzioni gas-gas i componenti di queste soluzioni liquido-liquido mostrano forze intermolecolari di tipo attrattivo. Nel processo di mescolamento non si verifica un aumento o una diminuzione di energia a causa della struttura simile tra le molecole componenti.

Le forze attrattive  intermolecolari soluto-soluto, solvente-solvente e soluto-solvente sono quelle che determinano, in gran parte, i processi di dissoluzione. Questi ultimi possono essere visti come processi graduali:

  • nel primo processo di tipo endotermico viene consumata energia per superare le attrazioni soluto-soluto e solvente-solvente
  • nel secondo processo di tipo esotermico è rilasciata energia quando, nel corso della solvatazione, si stabiliscono attrazioni soluto-solvente.

A seconda se l’energia consumata nel primo processo è minore o maggiore a quella rilasciata dal secondo si determina se il processo di dissoluzione rilascia o assorbe energia.

In alcuni casi, le soluzioni non si formano perché l’energia necessaria per separare le specie  è molto maggiore dell’energia rilasciata dalla solvatazione.

Esempio

Si consideri ad esempio la dissoluzione di un composto ionico in acqua. Affinché si abbia una soluzione è necessario che le forze di natura elettrostatica tra i cationi e gli anioni siano superate quando vengono stabilite le forze di attrazione tra questi ioni e le molecole di acqua.

Se le forze elettrostatiche presenti nel soluto sono maggiori di quelle di solvatazione, il processo di dissoluzione è significativamente endotermico. Il composto potrebbe non dissolversi in misura apprezzabile come accade per composti poco solubili.

D’altra parte se le forze di solvatazione sono molto maggiori rispetto alle forze di attrazione elettrostatica presenti nel composto la dissoluzione è esotermica e il composto può essere molto solubile come nel caso di NaCl. Tuttavia la formazione di una soluzione può avvenire anche se il processo è endotermico come avviene nel caso del nitrato di ammonio che è un costituente del ghiaccio istantaneo.

In una dissoluzione endotermica è richiesta una maggiore energia per ionizzare il soluto rispetto all’energia di solvatazione. Il processo è comunque spontaneo a causa dell’aumento di entropia che accompagna la formazione della soluzione.

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