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Massa e peso: definizioni, il peso su altri pianeti

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Massa e Peso: Differenze Fondamentali

Spesso, nel linguaggio comune, i termini “massa” e “peso” vengono usati in modo intercambiabile, ma in realtà rappresentano concetti ben distinti.

Massa

La massa di un corpo, seguendo la di Newton, rappresenta la quantità di materia di cui il corpo è costituito. Questa proprietà appare nella seconda legge di Newton ed è legata alla forza e all’accelerazione secondo l’equazione F = m · a. Quindi, la massa è direttamente proporzionale alla forza applicata e inversamente proporzionale all’accelerazione.

Peso

Il peso, o forza peso, è la forza che agisce sulla massa di un corpo in presenza di un campo gravitazionale. Questo valore è uguale al prodotto della massa del corpo per l’: P = m · g. L’ del peso è il Newton (kg · m · s^-2) ed è misurato con un dinamometro.

Differenze Essenziali

Di seguito, vengono riportate le principali differenze tra massa e peso:

– La massa è una proprietà intrinseca della materia e costante ovunque, mentre il peso dipende dall’accelerazione di gravità.
– La massa non può essere nulla, mentre il peso può annullarsi in assenza di gravità.
– La massa è una grandezza scalare, mentre il peso è una grandezza vettoriale.
– L’unità di misura della massa è il chilogrammo, mentre il peso si misura in Newton.
– La massa si misura tramite una , mentre il peso si determina con un dinamometro.

Il Peso sui Diversi Pianeti

In base alla massa e al raggio di un pianeta, è possibile calcolare l’accelerazione di gravità e, di conseguenza, il peso di un corpo su quel pianeta.

Ad esempio, se consideriamo un corpo con massa di 70 kg, il suo peso sulla Terra sarebbe pari a 686 (70 kg · 9.8 m/s^2). Invece, su Plutone, con un’accelerazione di gravità di soli 0.61 m/s^2, il peso del corpo sarebbe di 42.7 N. Mentre su Giove, con un’accelerazione di gravità di 26.0 m/s^2, il peso del corpo sarebbe di 1820 N.

Accelerazione istantanea: formule, grafico esercizi

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Cos’è l’accelerazione istantanea e come si calcola

L’accelerazione istantanea rappresenta la variazione istantanea della velocità di un corpo in un determinato istante su qualsiasi punto del suo tragitto. Per determinare l’accelerazione istantanea, si parte dalla di , la quale si esprime attraverso la funzione di velocità v(t).

La per l’accelerazione media tra due punti utilizzando questa notazione è data da:

a = [v(t2) − v(t1)] / [t2 – t1]

Dove si considera t1 = t e t2 = t + Δt. Sostituendo queste espressioni nell’equazione dell’accelerazione media e ponendo il limite per Δt che tende a zero, si ottiene:

lim Δt→0  [v(t + Δt) – v(t)] / Δt = dv/dt

Pertanto, l’accelerazione istantanea di un corpo rappresenta il limite dell’accelerazione media quando il tempo tra due punti si avvicina a zero, ovvero la derivata di v rispetto a t.

La rappresentazione grafica dell’accelerazione istantanea

Se si tracciano le relazioni temporali di velocità su un , con il tempo sull’asse delle ascisse e la velocità sull’asse delle ordinate, l’accelerazione istantanea corrisponderà al valore della retta tangente nel punto t.

per calcolare l’accelerazione istantanea

1.

Calcolare l’accelerazione istantanea di un corpo con moto x(t) = 3.0t + 0.5t3 al tempo t = 2.0 s

Per calcolare l’accelerazione istantanea partendo dalla funzione di moto, si deriva la funzione per ottenere la velocità istantanea e successivamente l’accelerazione istantanea.

2.

Per un corpo in movimento accelerato con l’equazione di velocità v(t) = 20t – 5t2

Si calcolano l’equazione dell’accelerazione, la velocità istantanea ai tempi specifici e infine l’accelerazione istantanea ai medesimi tempi. Si deriva l’equazione di velocità per ottenere l’accelerazione e si calcolano i valori richiesti ai diversi tempi considerati.

Sistema Internazionale: storia, unità di misura

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Il Sistema Internazionale di Unità: unificazione e standardizzazione delle misurazioni

Il Sistema Internazionale di unità, noto come S.I., è un sistema di misurazione metrico adottato a livello globale. Prima dell’istituzione del S.I. nel XVIII secolo, non esisteva un sistema unitario di misurazione, e ogni nazione utilizzava varie unità di misura che complicavano il commercio internazionale. Spesso queste unità di misura erano basate su parti del corpo umano come pollici, piedi e braccia. Questa diversità di misurazioni portava non solo a errori nelle transazioni commerciali ma anche a ostacoli nello scientifico.

Origini e unificazione del Sistema Metrico

Nel 1791, su proposta di Jean-Charles de Borda, una commissione composta da eminenti matematici e scienziati come Condorcet, Laplace, Lagrange e Monge fu incaricata di uniformare le unità di misura. Questa commissione approvò nel 1791 la definizione teorica del metro come /10.000.000 dell’arco di meridiano terrestre compreso tra il polo nord e l’equatore passante per Parigi.

Il sistema metrico decimale fu introdotto il 7 aprile 1795 e si diffuse al di fuori dei confini francesi, diventando obbligatorio in diverse province italiane all’inizio del XIX secolo. Fu adottato anche nei Paesi Bassi nel 1816 e in Spagna nel 1849. Nel 1875 fu istituito il Bureau International des Poids et Mesures per definire standard internazionali per il metro e il chilogrammo.

Nascita del Sistema Internazionale di Unità

Il Sistema Internazionale di Unità, successore del sistema metrico, fu ufficialmente fondato nel 1960 in seguito a una risoluzione dell’XI Conférence Géérale des Poids et Mesures. Esso rappresenta uno standard internazionale riconosciuto per le misurazioni.

Unità di misura del Sistema Internazionale

Le principali unità di misura adottate nel S.I. includono:

Lunghezza

: metro (m)

Massa

: chilogrammo (kg)

Tempo

: secondo (s)

Temperatura

: Kelvin (K)

Quantità di materia

: mole (mol)

elettrica

: Ampere (A)

Intensità luminosa

: Candela (cd)

Standardizzazione delle unità di misura

Dal 20 maggio 2019, tutte le unità del S.I. sono definite in base a costanti fisiche che descrivono il mondo naturale. Alcune delle costanti fondamentali includono la di transizione iperfina del cesio-133, la velocità della luce nel vuoto, la costante di Planck e altre.

In conclusione, il Sistema Internazionale di Unità rappresenta un passo fondamentale nella standardizzazione e unificazione delle misurazioni a livello globale, facilitando il progresso scientifico e tecnologico in tutto il mondo.

Velocità nel moto circolare uniforme: periodo, velocità radiale e tangenziale

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La costanza della velocità nel moto circolare uniforme indica che il suo valore numerico rimane invariato lungo il percorso del corpo. In questo tipo di moto, l’oggetto si sposta lungo una circonferenza con una velocità costante.

Direzione del Vettore Velocità nel Moto Circolare Uniforme

Nel moto circolare uniforme, sebbene la velocità sia costante in modulo, la direzione del vettore velocità cambia continuamente in ogni punto, sempre perpendicolare al raggio della circonferenza. Di conseguenza, la direzione del vettore velocità sarà tangente alla circonferenza.

e Frequenza

Il periodo T di un moto circolare uniforme rappresenta il necessario per completare un giro completo attorno alla circonferenza, misurato in secondi. La frequenza, invece, è il numero di giri compiuti dal corpo in un secondo ed è correlata al periodo dalla relazione f = 1/T.

La velocità angolare è definita come il rapporto tra l’angolo α sotteso dall’arco di circonferenza descritto dal corpo in un determinato intervallo di tempo e l’intervallo di tempo stesso, espresso in radianti. L’ dell’angolo giro è 2π radianti.

La velocità tangenziale nel moto circolare uniforme si ottiene dividendo la lunghezza della circonferenza (2πr, dove r è il raggio della circonferenza) per il periodo T. In altre parole, v = 2πr/T. Si può relazionare la velocità tangenziale con la velocità angolare tramite l’equazione v = ωr, dove ω rappresenta la velocità angolare.

Il moto circolare uniforme è un concetto fondamentale nella fisica e comprendere le relazioni tra velocità tangenziale, velocità angolare, periodo e frequenza contribuisce a una migliore comprensione dei fenomeni fisici legati al moto su una circonferenza.

Errore assoluto: valore medio, esercizi

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Cos’è l’ nelle misurazioni scientifiche?

L’errore assoluto, noto anche come incertezza assoluta, rappresenta la differenza tra il valore reale di una grandezza e il valore misurato di quella stessa grandezza. Si tratta di un concetto chiave nelle misurazioni scientifiche poiché fornisce informazioni sull’intervallo in cui il valore effettivo della grandezza può trovarsi.

La del

Quando vengono effettuate più misurazioni di una stessa grandezza, viene calcolato il valore medio, indicato come Xm e ottenuto sommando tutti i valori misurati e dividendo per il numero totale di misure effettuate. Ad esempio, per calcolare il valore medio della massa di un oggetto basandosi su 10 misurazioni, si sommano i valori e si dividono per 10.

Calcolo dell’errore assoluto

Per determinare l’errore assoluto, si calcola la semidispersione massima o scarto medio, che consiste nella semisomma della differenza tra il valore massimo e il valore minimo ottenuti dalle misurazioni. Questo valore rappresenta l’errore assoluto dell’osservazione, che indica la della misura.

Esempio pratico

Consideriamo la misurazione della lunghezza di un oggetto con i seguenti valori in centimetri: .29, 1.33, 1.34, 1.35, 1.32, 1.36, 1.30, 1.33. Calcolando il valore medio di questi dati, si ottiene 1.33. Successivamente, si determinano gli errori assoluti rispetto a questo valore medio per ogni singola misurazione, i quali vengono sommati e divisi per il numero totale di misure per ottenere l’errore medio assoluto, MAE.

Conclusioni

L’errore assoluto e l’errore medio assoluto sono strumenti fondamentali per valutare la precisione e l’affidabilità delle misurazioni scientifiche effettuate. Attraverso l’analisi di tali parametri, i ricercatori sono in grado di comprendere meglio la validità dei risultati ottenuti e valutare l’accuratezza del loro lavoro.

Errore relativo: definizione, esempi

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Misurare l’errore relativo è fondamentale per valutare l’accuratezza di una misurazione in relazione alla grandezza della misura effettuata. A differenza dell’errore assoluto, l’errore relativo è un’ senza dimensioni che fornisce informazioni sulla della misura. Ad esempio, un errore di ,0 g può essere significativo se si sta misurando una sostanza di 5,0 g, ma trascurabile se la massa è di 10 kg. In pratica, l’errore relativo indica quanto grande è l’errore in rapporto alla grandezza effettiva della misurazione.

dell’errore relativo

L’errore relativo (RE) è calcolato come il rapporto tra l’errore assoluto e il valore noto:
RE = errore assoluto / valore noto

Moltiplicando il RE per 100 si ottiene l’errore relativo percentuale. Quando si effettuano più misurazioni, l’errore relativo può essere calcolato come il rapporto tra il valore assoluto e il delle misurazioni.

Calcolo dell’errore relativo – Esempio

Supponiamo che un contachilometri segnali una velocità di 60 km/h per un’auto che in realtà viaggia a 62 km/h. Per calcolare l’errore assoluto, relativo e percentuale, si procede così:

– Errore assoluto = 62 km/h – 60 km/h = 2 km/h
– RE = 2 km/h / 60 km/h = 0,033
– Errore percentuale = 0,033 * 100 = 3,3%

Utilizzo dell’errore relativo come indicatore di precisione

Il calcolo dell’errore relativo è essenziale per valutare la precisione di una misurazione. Ad esempio, se misuriamo un oggetto e otteniamo che ha una larghezza di 3,215 m e una lunghezza di 4,075 m, con uno strumento di misurazione che ha una precisione di ± 0,001 m, possiamo confrontare la precisione delle due misure calcolando il RE per ciascuna:

– RE per la larghezza = 3,215 m / 0,001 m = 0,0003
– RE per la lunghezza = 4,075 m / 0,001 m = 0,0002

Anche se l’errore assoluto è lo stesso per entrambe le misure (0,001 m), l’errore relativo è più piccolo per la lunghezza, indicando una maggiore precisione in quella misurazione. Questo esempio dimostra come l’errore relativo possa fornire informazioni cruciali sulla precisione e l’affidabilità di una misurazione.

Errore percentuale. Esercizi svolti

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L’errore percentuale rappresenta la discrepanza in percentuale tra un valore approssimativo o misurato e un valore noto. Ogni misurazione comporta un errore che è la differenza tra il valore reale e il valore misurato della grandezza in questione. Questo tipo di calcolo è utile per valutare l’accuratezza di una misurazione rispetto al valore effettivo.

per calcolare l’errore percentuale.

La formula per calcolare l’errore percentuale è la seguente:

errore % = (|valore noto – valore sperimentale| / valore noto) · 100%

Questa espressione è solitamente espressa come valore positivo, ma in alcune circostanze può essere rilevante considerare il segno.

Un’altra formula comunemente utilizzata per determinare l’errore percentuale è la seguente:

errore % = errore relativo · 100

È importante sottolineare che l’errore è definito come il rapporto tra il valore assoluto e il . L’errore percentuale è una grandezza adimensionale che fornisce informazioni sull’accuratezza di una misurazione rispetto al valore reale.

di calcolo con il valore assoluto

– Nel caso in cui si stimino 75 persone a un evento ma ne partecipino effettivamente 80, l’errore percentuale è calcolato come 12.5%.
– Se un oggetto con una massa stimata di 35.0 g viene pesato su una e risulta essere di 34.0 g, l’errore percentuale è del 2.86%.
– Considerando un liquido con densità nota di 0.7988 g/mL ma experimentalmente valutata a 0.7925 g/mL, l’errore percentuale è dello 0.79%, al di fuori del margine di errore accettabile di ±0.500%.

Esercizi senza utilizzo del valore assoluto

– Se la temperatura di ebollizione dell’etanolo è di 78.4 °C e una misurazione sperimentale riporta 80.0 °C, l’errore percentuale sarà del -2.0%.
– Nel caso in cui le previsioni meteorologiche stimino 20 mm di pioggia ma ne cadano effettivamente 22 mm, l’errore percentuale sarà del -9.%.

Questi esercizi mostrano come il calcolo dell’errore percentuale sia fondamentale per valutare l’accuratezza delle misurazioni effettuate rispetto ai valori noti o reali.

Velocità istantanea: esercizi

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La definizione di velocità istantanea si basa sulla velocità media tra due punti del percorso in cui si assume che il e lo spostamento tra i due punti si avvicinino allo zero. Matematicamente, possiamo rappresentare la posizione x come una funzione continua del tempo indicata come x(t).

Concetto di Velocità Istantanea

L’espressione della velocità media tra due punti e 2 può essere rappresentata come:
[v_{media} = frac{x(t_{2}) – x(t_{1})}{t_{2} – t_{1}}]

Per calcolare la velocità istantanea in una determinata posizione, definiamo (t_{1} = t) e (t_{2} = t + Delta t).
Sostituendo queste espressioni nell’ media e considerando il limite per (Delta t to 0), otteniamo:
[lim_{Delta t to 0} frac{x(t + Delta t) – x(t)}{Delta t} = frac{dx}{dt}]

Pertanto, la velocità istantanea di un corpo rappresenta il limite della velocità media quando il tempo trascorso si avvicina allo zero, ovvero la derivata di x rispetto a t.

della Velocità Istantanea

Rappresentando temporalmente lo spazio sulle ascisse e lo spazio sulle ordinate, la velocità istantanea è rappresentata dal valore della retta tangente nel punto t.

Esempi di Calcolo della Velocità Istantanea

1.

Calcolo della Velocità Istantanea alle 10.05 e 10.15


Derivando l’ x(t) = 6t² + t + 8, otteniamo dx/dt = 12t + 1.
A t = 0 (corrispondente alle 10.05), la velocità istantanea è: dx/dt = 12(0) + 1 = 0,017 m/s.
A t = 10 min (corrispondente alle 10.15), la velocità istantanea è: dx/dt = 12(10) + 1 = 2,0 m/s.

2.

Velocità Istantanea di un Corpo per un Tempo di 3 Secondi


Considerando la funzione di posizione x definita come 5t² + 2t + 4, derivandola rispetto a t otteniamo dx/dt = 10t + 2.
Per t = 3 s, la velocità istantanea è: dx/dt = 10(3) + 2 = 34 m/s.

Calcolare la velocità istantanea è fondamentale per comprendere il movimento di un oggetto in un dato istante, fornendo informazioni cruciali sullo spostamento e la direzione del corpo.

Ossido di cromo (III)-sintesi, reazioni, usi

L’ossido di cromo (III): caratteristiche e impieghi

L’ossido di cromo (III) è un composto inorganico con Cr2O3 che si trova nell’eskolaite, minerale appartenente all’ematite. Questo composto è utilizzato nelle lavorazioni metallurgiche e ha diverse applicazioni, tra cui la cromatura e l’anodizzazione dell’.

Proprietà dell’ossido di cromo (III)

Questo composto si presenta di colore verde ed è comunemente impiegato come pigmento. È praticamente insolubile in , etanolo e acetone, mostrando una scarsa solubilità in acidi e basi. Ha una durezza di 8-8.5 nella scala di Mohs, risultando più duro del quarzo, con una temperatura di fusione di 2435 °C. La sua contiene il 68.46% di cromo e il 31.58% di ossigeno, con ciascun atomo di cromo legato da doppio legame ad un atomo di ossigeno e tramite legame semplice ad un ossigeno che lega anche l’altro atomo di cromo.

(III)

L’ossido di cromo (III) può essere ottenuto tramite decomposizione termica del carbonato di cromo (III) o del bicromato di ammonio. Inoltre, è possibile ottenere questo composto attraverso la reazione di ossidoriduzione tra bicromato di sodio e zolfo. Una ulteriore modalità di sintesi prevede la reazione tra cromo e ossigeno a 400°C.

Reazioni dell’ossido di cromo (III)

L’ossido di cromo (III) è un ossido anfotero, il che significa che può reagire sia con gli acidi che con le basi. Questo comportamento chimico permette al composto di partecipare a diverse reazioni, ampliando le sue possibilità di impiego in diversi settori.

Utilizzi e Applicazioni dell’Ossido di Cromo (III)

L’ossido di cromo (III) è una sostanza che reagisce con diversi composti chimici producendo varie reazioni. Tra queste, possiamo menzionare la reazione con l’acido cloridrico per formare cloruro di cromo (III) e acqua. Inoltre, reagisce con l’idrossido di sodio dando luogo al tetraidrossocromato (III) di sodio. Altre reazioni includono quella con il monossido di carbonio per produrre cromo e biossido di carbonio, e con l’alluminio per formare cromo e ossido di alluminio.

Usi dell’Ossido di Cromo (III)

L’ossido di cromo (III) è utilizzato in svariati campi grazie alla sua stabilità e resistenza. Durante la guerra civile, veniva impiegato come pigmento per l’inchiostro utilizzato per stampare le banconote da un dollaro, grazie alla sua elevata resistenza alla contraffazione.

Per la sua stabilità, viene impiegato come pigmento in inchiostri, vetri, vernici e come colorante nell’industria ceramica. Inoltre, grazie alla sua resistenza al calore, trova applicazioni in diversi settori industriali. Viene utilizzato anche come abrasivo in pasta per affilare lame di rasoi e coltelli.

In conclusione, l’ossido di cromo (III) è una sostanza versatile che trova impiego in diversi settori industriali e artistici grazie alle sue proprietà chimiche e fisiche uniche.

Micelle: proprietà, tensioattivi, farmaci

Cos’è una micella e come si forma

Le micelle sono aggregati che si formano in soluzioni acquose tra specie che presentano parti idrofile e parti idrofobe. Il termine fu coniato dai botanici svizzeri Karl ägeli e Simon Schwendener nel 1877 per descrivere aggregati molecolari o particelle cristalline di cellulosa, che consideravano i mattoni delle cellule vegetali.

Alcuni esempi di specie che possono formare micelle sono i sali derivanti da acidi grassi. Questi sali presentano una testa polare ionica costituita dal gruppo carbossilato e una lunga catena carboniosa non polare.

La parte polare dei sali è idrofila, mentre la parte non polare è idrofoba o lipofila. Queste proprietà portano le soluzioni acquose di tali sostanze a formare aggregati ordinati come le micelle.

delle micelle e comportamento in soluzione

Nelle micelle, i gruppi polari si orientano verso l’acqua, che è una specie polare, mentre le parti idrofobe sono dirette verso l’interno della micella. Questo comportamento è dovuto alle caratteristiche delle parti idrofile e idrofobe delle molecole che formano le micelle.

Le molecole che mostrano queste caratteristiche includono l’oleato di sodio e lo . Quando la concentrazione di tali molecole è bassa, si comportano da elettroliti dissociandosi nei loro ioni. Questa concentrazione critica è chiamata (CMC).

A concentrazioni più elevate, le parti idrofobe delle molecole si avvicinano l’una all’altra, creando raggruppamenti con dimensioni colloidali. Ogni raggruppamento assume una geometria generalmente sferica per ridurre il contatto delle parti idrofobe con il solvente.

Ruolo delle micelle nei tensioattivi

I tensioattivi sono sostanze che abbassano la tensione superficiale di un liquido, agevolando la bagnabilità delle superfici. Le micelle sono cruciali nei tensioattivi, in quanto costituiscono gli aggregati che permettono di abbassare la tensione superficiale.

I tensioattivi sono classificati in anionici, non ionici e cationici. Le micelle respingono reciprocamente per via della repulsione elettrostatica delle parti ionizzate, impedendo alle particelle di oli e grassi di riaggregarsi e mantenendole sospese nell’acqua.

Applicazioni delle micelle

Le sono state impiegate come vettori per la somministrazione di farmaci, grazie alle loro proprietà di solubilizzare agenti farmaceutici poco solubili, biocompatibilità, longevità e stabilità elevata. Queste caratteristiche le rendono utili in diversi contesti farmaceutici.

Stearato: composti, saponi

Utilizzo dello stearato in chimica

Lo stearato è la base coniugata dell’acido stearico, un acido carbossilico con 18 atomi di carbonio appartenente agli acidi grassi saturi. Questa sostanza è costituita da una lunga catena idrocarburica apolare con un gruppo carbossilato -COO- altamente polare, presente in natura in alcuni sali organici come il Mitracarpus hirtus e la Valeriana officinalis.

Saponi e micelle

La parte idrocarburica dello stearato si dissolve nei grassi ma non in acqua, mentre quella polare è idrofila e si solubilizza in acqua. La catena idrocarburica, idrofoba, previene il contatto con l’acqua raggruppandosi sulla superficie o dissolvendosi in olio o grasso. Le parti idrofile delle molecole entrano in contatto con l’acqua all’esterno del grasso, formando micelle.

Produzione e impiego

Lo stearato di sodio è utilizzato per produrre saponi, in quanto, in acqua, agisce come sapone emulsionando il grasso e facilitandone l’eliminazione. Oltre allo stearato di sodio, nei saponi sono spesso presenti altri acidi grassi come il laurato di sodio, base coniugata dell’acido laurico.

Composti contenenti stearato

Tra i principali composti contenenti stearato troviamo il sale di calcio. In presenza di ione calcio si forma lo stearato di calcio, un sale poco solubile che si trova nella schiuma del sapone. Questo composto è il componente principale della schiuma di sapone e si genera quando il sapone è mixato con acqua dura.

Stearati di Magnesio, Zinco, Litio, Potassio e Glicerile: Utilizzi e Applicazioni

I

stearati

di magnesio, zinco, litio, potassio e glicerile sono composti chimici con varie applicazioni industriali e alimentari.

Magnesio

Il

[magnesio](https://chimica.today/chimica-generale/tensioattivi/)

stearato è ottenuto dalla reazione tra acido stearico e ossido di magnesio. Questo composto viene impiegato nell’industria alimentare come emulsionante, legante, addensante, agente antiagglomerante, lubrificante, distaccante e antischiuma. Troviamo il magnesio stearato in dolciumi, integrazioni alimentari, gomme da masticare, spezie e prodotti da forno. È ampiamente utilizzato come ingrediente inattivo nella produzione di compresse, capsule e polveri farmaceutiche.

Zinco

Lo

stearato di zinco

è ottenuto dalla reazione tra acido stearico e [ossido di zinco](https://chimica.today/chimica-generale/ossido-di-zinco). Oltre all’utilizzo come sapone, trova impiego nell’industria delle materie plastiche e della gomma come distaccante e lubrificante grazie alle sue proprietà antiadesive.

Litio

Il

stearato di litio

si ottiene dalla reazione tra acido stearico e [idrossido di litio](https://chimica.today/chimica-generale/idrossido-di-litio). Questo composto è utilizzato come lubrificante e stabilizzante nelle industrie cosmetiche e plastiche, nonché come inibitore della corrosione.

Potassio

Lo

stearato di potassio

è prodotto per saponificazione dello stearato di metile con [idrossido di potassio](https://chimica.today/chimica-generale/idrossido-di-potassio) in presenza di metanolo. Trova impiego come agente detergente ed emulsionante in formulazioni cosmetiche, nella lavorazione della gomma e come base per ammorbidenti tessili.

Glicerile

Il

glicerile

è utilizzato come agente addensante, emulsionante, antiagglomerante e conservante negli alimenti, oltre che come emolliente in prodotti cosmetici.

Questi stearati svolgono una varietà di funzioni essenziali in diversi settori industriali e nell’industria alimentare, contribuendo alla produzione di una vasta gamma di prodotti che utilizziamo quotidianamente.

Idrossido di bario: solubilità, sintesi, reazioni, usi

L’idrossido di bario: caratteristiche e proprietà

L’idrossido di bario, con Ba(OH)2, può presentarsi in forma monoidrata o ottaidrata ed è il più solubile tra gli idrossidi dei metalli alcalino-terrosi, con un prodotto di solubilità di 5 · 10-3.

Calcolo della solubilità


La solubilità molare dell’idrossido di bario può essere calcolata considerando l’espressione del prodotto di solubilità e risulta essere di 0.11 mol/L, corrispondente a 18.8 g/L.

Proprietà


Questo composto inodore di colore bianco ha diverse densità e temperature di a seconda della sua forma. Risulta poco solubile in acetone ma solubile in etere etilico, aumentando la sua solubilità in con l’aumentare della temperatura.

Sintesi


L’idrossido di bario può essere ottenuto dalla reazione di ossidoriduzione tra carbonato di bario e carbonio, oppure dalla reazione tra ossido di bario e acqua che porta alla formazione di idrossido di bario biidrato.

Reazioni


Questo composto reagisce con biossido di carbonio per formare carbonato di bario, con idrossido di sodio per creare un complesso, con acido solforico per precipitare solfato di bario e con cloruro di ammonio per produrre cloruro di bario e ammoniaca.

Usi


L’idrossido di bario trova impiego nella di additivi per oli e grassi, nella raffinazione dello zucchero, nella vulcanizzazione della gomma, nella raffinazione di oli animali e vegetali, nella rimozione del calcare delle caldaie e dei solfati dalle acque. Fa anche da catalizzatore nella produzione di resine fenolo-formaldeide.
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